mercoledì 8 luglio 2009

Narrazione esistenziale


Alle volte mi sorgono delle "domande esistenziali" circa il mio stesso lavoro. Sebbene per me inventare storie sia quasi come respirare (lo stesso vale per la musica), ogni tanto in un angolino della testa sento spuntare una domanda: a cosa serve?

Cioè, a cosa servono le storie, che siano fumetti, romanzi, film o quant'altro? Perché la gente compra questi prodotti, legge storie, guarda i film? La narrazione non è CIBO o OSSIGENO. Non è necessaria alla sopravvivenza. Eppure l'esistenza dell'essere umano è sommersa di storie. Milioni di persone passano milioni di ore a consumare qualsiasi tipo di narrazione.

Attenzione, la mia non è una domanda retorica pessimistico-depressiva. Non mi sto ponendo la questione per poter rispondere "il mio lavoro non serve a niente". E' una domanda vera, che ogni tanto mi pongo. So bene che l'uomo non può fare a meno delle storie. La mia domanda è: PERCHE'?

Vale lo stesso per la mia attività di musicista: io stesso ho consumato parecchia musica, e mi sento BENE quando ascolto un disco che mi piace. Ma proprio tanto. Poche cose mi fanno star bene quanto ascoltare "Gratitude" degli Earth Wind & Fire, "Highway to Hell" degli AC/DC o "Fire and Water" dei Free. Già... ma PERCHE'?

Perché la gente dovrebbe venire a sentire un mio concerto o leggere una mia storia? A che cosa gli SERVE?

E' una cosa che mi stupisce e meraviglia, e temo che una vera risposta non la troverò mai. Magari qualche esperto di psicologia-sociologia-antropologia potrebbe trovare una qualche spiegazione.

6 commenti:

Anna Bernasconi Art ha detto...

Sono cose che mi servono a staccare dalla realtà monotona o assillante: leggo prima di dormire perchè mi aiuta a staccare la mente e addormentarmi meglio.
Mi servono a stimolare la fantasia: ascoltare musica, leggere, osservare dei quadri, sono cose che mi aiutano a liberare le idee!
Mi servono ad amplificare le emozioni: quante volte una canzone è stata la cigliegina sulla torta in una bella situazione o è stato lo stimolo per un bel pianto liberatorio!
Forse vivrei anche senza tutto ciò ma sarebbe meno entusiasmante.
Gli alpini vedono meravigliosi paesaggi, sentono incantevoli suoni della natura, vivono storie avventurose, eppure hanno voglia di cantare insieme, di vedere belle foto, bei quadri, di leggere ed ascoltare altre storie. Sono cose che stimolano le emozioni e che fanno sentire in comunicazione con altre persone!
Dopo questa riflessione mi viene da ribaltare la domanda: perchè no?

peppermind ha detto...

Credo sia necessario per dare continuità all'idea di "mondo" che ci facciamo.
Ce la facciamo collezionando le nostre esperienze e unificandole con delle ipotesi.
Musica e narrazione sono altre ipotesi di unificazione che ci vengono fornite.
Possono aiutarci a superare impasse, punti in cui siamo fermi perché non riusciamo a dare unità, a dare senso a esperienze che ci sembrano fare a pugni tra loro, nell'impalcatura che gli abbiamo fornito.

Giorgio Salati ha detto...

Non l'ho capito ma l'hai spiegato bene.

Eheh no, scherzo... Sì, credo che sia un modo della "coscienza collettiva" (per dirla un po' alla Jung) per imparare a risolvere i problemi della vita.

peppermind ha detto...

È un dono naturale, il mio :P

Comunque, prova anche a informarti sul concetto di "meme", del sociobiologo Dawkins.

È un'altra ipotesi...

Anonimo ha detto...

C’era una volta...parole magiche che aprono mondi e mondi.
In inglese guarire si dice to heal: "rendere integro, intero", e in questo senso deve essere inteso. Significa dunque mettere insieme frammenti disparati dando loro interezza, coerenza, e continuità. Come fili che si tendono tra parti diverse del sé offrono sostegno nel percorso verso il recupero di un'integrità perduta o mai posseduta. Le storie hanno un inizio, una parte centrale e una fine. Sono intere e integre: crescere e maturare vuol dire anche saper mettere insieme i frammenti della propria esperienza con quella di chi ci ha preceduto e ce l'ha narrata, ce l'ha lasciata a testimonianza dei suoi stessi tentativi : una riserva morale di situazioni a cui possiamo costantemente attingere, da usare come prezioso strumento di introspezione, da condividere, per anni a venire, di generazione in generazione, un modo di indurre a interpretare la propria vita in termini di storia, di proiettarla in un contesto più ampio riuscendo ad attribuire significato a esperienze che potrebbero altrimenti apparire prive di senso".
E se è così per l'adulto, a maggior ragione lo sarà per il bambino nella cui vita le cose "prive di senso" sono ancor più numerose e, talvolta, ancor più dolorose. Nelle storie si trova un elemento di ordine e rassicurazione.

Giorgio Salati ha detto...

Ottima analisi, anonimo... o anonima!

(ho una mezza idea di chi tu possa essere!)

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