venerdì 21 febbraio 2014

Fatica narrativa

Uno degli effetti collaterali dello scrivere è che una volta chiusa una storia a volte dimentichi la fatica che ti è costata scriverla.

Inizi una nuova storia e ti chiedi: come mai sto facendo tanta fatica? Per quell'altra era sembrato tutto così facile...

Poi ci ripensi bene e ti accorgi che non è niente vero, che hai sputato sangue anche sulla storia precedente, e che niente è facile, se lo vuoi fare un minimo bene.


mercoledì 19 febbraio 2014

Topolino è secchione?

I lettori attenti lo sanno: il personaggio di Topolino - quello vero - non è l'antipatico saputello che costituisce ormai un noioso luogo comune.

E' un atteggiamento molto italico quello di dipingere come antipatica qualsiasi persona che abbia successo grazie a intelligenza e onestà. Perché nessuno vuol fare la fatica di usare l'intelligenza, di non fregare il prossimo, di ottenere ciò che vuole senza usare scorciatoie. E qualcuno che con la sua fastidiosa bontà e arguzia ci fa sentire in difetto, risulta antipatico. DEVE risultare antipatico.

Quei fastidiosi buoni e onesti che ci si parano davanti devono essere abbassati al nostro livello, oppure presi in giro in quanto secchioni. Lo si vede a partire dalla scuola per finire alla politica.

E' per questo che Topolino (come personaggio, non come testata) da noi non ha mai attecchito più di tanto.

Perché Topolino - quello vero - è onesto, intelligente, coraggioso, fortemente attaccato agli amici, e pensa sempre positivo.

Se avete qualcosa contro un personaggio onesto e intelligente, be', è un problema vostro.


lunedì 17 febbraio 2014

Lupo Alberto fa 40

La prima volta che mi dichiarai a una ragazza, lo feci spedendole una cartolina di Lupo Alberto. Doveva essere all'incirca il 1990 e io avevo più o meno 12 anni. Mediamente gli altri ragazzini sapevano già il kamasutra, ma vabbe'.

Comunque sia, la risposta alla mia cartolina amorosa fu una sonora risata.

Fu allora che decisi di fidanzarmi col fumetto. Una relazione che dura tutt'ora, tra alti e bassi.

Questo per dire che Lupo Alberto, uno dei più bei fumetti mai creati in Italia, compie 40 anni. Perciò fiondatevi in edicola e comprate l'albo che vedete in mano a quel torbido individuo qui sopra.


venerdì 14 febbraio 2014

5 domande su Postcardcult


Davide Occhicone mi ha intervistato per Postcardcult.

Per leggere l'intervista, cliccate qui:
http://www.postcardcult.com/articolo.asp?id=7018&sezione=11 


Una riflessione su "Paperinik e l'amore nell'oblio"

Visto che oggi è San Valentino, mi è venuta voglia di parlare di "Paperinik e l'amore nell'oblio", una mia storia splendidamente disegnata da Paolo Mottura che uscì su Topolino n. 2829 del 16 febbraio 2010 (e riproposta su Paperinik Cult #76 dell'agosto 2011) proprio in occasione della festa degli innamorati.

Si tratta forse della mia storia Disney che ha ottenuto più consensi (ma che mi auguro verrà superata da qualcuna delle mie prossime).

Ho voglia di parlarne perché dentro quella storia c'è molto di mio. C'è molto di me in quel Paperinik e soprattutto in quel Paperino.

La storia parla del rapporto tra le due dimensioni di una persona. Nel caso di Paperino, la sua altra dimensione è Paperinik. E' la sua identità "pubblica", mentre Paperino è quella privata. E quando nasce l'equivoco con Paperina, ecco crescere il conflitto tra le due dimensioni. Perché se Paperino è contento e impegnato nell'impersonare Paperinik, desidera però essere amato per quello che è davvero, al di là dei gadget da supereroe, ossia Paperino.

Anch'io, nel mio piccolo - non sono certo un personaggio famoso - ho una dimensione pubblica che riguarda le storie che scrivo, i post su blog, Twitter e Facebook, la mia attività come musicista, eccetera. Anch'io sono contento di quello che faccio e mi piace essere ammirato per quello che scrivo (non si fa questo mestiere se non si è un minimo narcisisti). Ma quando si tratta di relazioni umane profonde, desidero - come tutti - essere amato per quello che sono. Non vorrei stare con una donna che mi ama perché (o solo perché) le piace quello che scrivo o che suono. Desidero che mi ami per come sono nel bene e nel male, anche quando mi sveglio la mattina disfatto come uno zombie o quando, dopo troppe birre, dico stupidaggini peggio che alle medie. Non si può essere intelligenti sempre (io lo sono molto raramente), sarebbe solo finzione.

Ma questo vale per tutti, non solo per chi fa qualcosa che è fruito da un pubblico. Tutti desiderano essere apprezzati per il lavoro che fanno, ma non è il lavoro (non solo quello almeno) a definirti come persona. E vuoi essere amato così come sei, che il tuo lavoro sia pulire i pavimenti o dirigere una multinazionale.

Vuoi che ad essere amato sia il te stesso in ciabatte. Il te stesso Paperino.


mercoledì 12 febbraio 2014

50 dollari fatali

C'è una scena in particolare (una delle tante) che ho amato e amo tuttora del "Ventino fatale" di Barks (che insieme alla "Stella del Polo" è forse la mia storia Disney preferita di sempre).

E' quella in cui Paperino chiede a Zio Paperone 50 dollari per i bambini poveri: metà per il pranzo di Natale, metà per il trenino. Paperone, diversamente da ciò che ci si potrebbe aspettare, non rifiuta, non del tutto almeno: darà a Paperino 25 $ per il pranzo. Ma solo quando costui avrà raccolto gli altri 25 per il trenino.

In questo dialogo c'è tutta la profondità e l'umanità del personaggio di Paperone. Non intende dimostrarsi generoso, sia mai che costituisca un precedente. D'altronde non è un mostro, non è un taccagno "bidimensionale", ha dei conflitti interni come tutte le persone vere, e accetta di regalare il pranzo di Natale ai poveri.

Ma il trenino no: è una cosa frivola che proprio non può regalare. Perciò - e qui è il vero colpo di genio, da grande maestro della narrazione, di Barks - fa in modo che sia Paperino stesso a ottenere i soldi per il trenino. In questo modo gli insegna a lottare per ottenere ciò che vuole. Che nella vita niente viene regalato, e che più un obiettivo è importante, più è difficile da raggiungere. Che se davvero vuole avere quel trenino, deve battersi. Che non si deve arrendere.

Paperone non solo si dimostra umano e generoso promettendo i soldi per il pranzo, ma fornisce anche un importante insegnamento a suo nipote. Alla faccia di chi vorrebbe Paperone un personaggio taccagno e meschino.

Mi viene ancora oggi la pelle d'oca soltanto a pensarci. Ringrazierò sempre Barks di aver insegnato a me e a tanti altri sceneggiatori qual è la via da percorrere, esattamente come Paperone fa con Paperino.


martedì 11 febbraio 2014

Topolino e pan poss

Quand'ero bambino, non è difficile immaginarlo, leggevo un sacco di fumetti. Soprattutto Topolino, e soprattutto la sera dopo cena.

Succedeva spesso che a una certa ora mi venisse di nuovo fame. Forse l'esaltazione per le storie che leggevo in qualche modo acceleravano il mio metabolismo.

Così andavo a leggere sul tavolo della cucina, e mia madre mi dava da sgranocchiare il pan poss - che in milanese è il pane raffermo - avanzato dal giorno stesso o dal giorno prima.

Il pane -- un'altra passione ereditata da mio padre insieme a quella per i fumetti.

Per qualche motivo mi piaceva molto sgranocchiare pane raffermo mentre leggevo Topolino. Può darsi che mi piacesse l'idea di cibarmi di un pasto così povero mentre nutrivo la mente. I fumetti erano l'unico condimento che ci volevo su quel pane.

Era quasi un rito ascetico. Un pasto frugale che invece di appesantire mi faceva sentire più energico, vivo.

Ricordo che se andavo a riaprire fumetti letti tempo prima spesso ci trovavo dentro briciole di pane (sarei stato la nemesi di qualsiasi collezionista).

Ancora oggi mangiare pane raffermo mi riporta con la mente all'esaltazione, alla fantasia, all'avventura, all'esuberanza che trovavo tra quelle pagine.

Probabilmente ogni volta che scrivo storie per Topolino dovrei sgranocchiare ancora un po' di pan poss, per riassaporare quelle emozioni uniche che provavo da bambino leggendo le storie scritte da altri.


mercoledì 5 febbraio 2014

La Zona

A volte ho l'impressione che cominciare ogni giorno l'attività dello scrivere sia un po' come entrare nella Zona del film "Stalker" di Tarkovskij.

E' una delle cose più difficili per me: riuscire a concentrarsi, entrare nell'universo narrativo che riguarda la storia, arrivare fino in fondo (la fatidica stanza che esaudisce i desideri) senza mai uscirne.

Spesso ci si aggira in questa zona alla ricerca della strada giusta, e ci si ritrova al punto di partenza. Hai girato a vuoto e te ne accorgi solo dopo ore. A volte si ha l'impressione che le cose cambino intorno a te senza che tu ne abbia il controllo.

E' un viaggio difficile, a volte estenuante.

Spesso si ha paura di arrivare fino in fondo. Quando si giunge sulla porta del finale, di quella stanza magica, si vorrebbe girare i tacchi. Oppure entrarci con una bomba. Ma alla fine, il più delle volte, ci facciamo coraggio ed entriamo.

E l'indomani riprendiamo il viaggio.


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