mercoledì 6 gennaio 2016

Il problema purtroppo del precariato

Ho letto "Il problema purtroppo del precariato" di Alessandro Gori​ e Gianluca Cincinelli, edito da fuori|onda. Per chi non conoscesse, il Gori è l'eminenza marrone dietro il blog Lo Sgargabonzi​.

Il domestic duo aretino sta trovando secondo me la cifra giusta. Il libro è una raccolta di mini-racconti in cui il protagonista, tal Mauro Pentolini Piccini, tenta ogni tipo di professione, un mestiere per capitolo.

Il tema fotografa bene il rapporto che hanno con il lavoro molti italiani tra i venti e i quarant'anni, provinciali cresciuti a pane e mamma e stanchi ancor prima di alzarsi dal letto. Generazioni obnubilate e amorfe senza nemmeno dover ricorrere alle droghe.

Il mondo del lavoro è visto con sguardo tra il disincantato e l'infastidito, tra il cinico e l'ammirato. Il lavoro come una malattia, un male di cui si teme il contagio e da tenere il più lontano possibile, poi idealizzato, poi deludente, poi detestato, infine rifiutato. Così per ogni capitolo.

Per ogni storia e ogni mestiere c'è un rapporto del protagonista con una figura maschile di riferimento, che sia il datore di lavoro o un collega. Un padre putativo da uccidere simbolicamente ogni volta, in un eterno conflitto edipico mai risolto. Il "padroncino" è un padre anaffettivo che ti mostra le difficoltà della vita, e questo è davvero troppo per il nostro Pentolini Piccini che anela solamente a continuare a vegetare nella sua ovatta anestetica, seppur imbevuta dei suoi escrementi.

Lo stile è sempre quello dello Sgargabonzi, qui se vogliamo meno pungente ma non per questo meno chirurgico. Quella di Gori e Cincinelli è una sorta di psichedelia ragionieristica, dove l'assurdità non ha niente a che vedere con viaggi colorati e creature fantastiche, ma con lo svuotare di senso ogni oggetto della vita quotidiana.

Ti droghi e non senti più le gengive, e invece di concentrarti sull'esperienza lisergica, sull'eccitazione e l'euforia, continui a toccarti le gengive e guardartele allo specchio ed è come se fosse la prima volta che ti accorgi di avere le gengive. Sei totalmente insensibile e solo per quello ti accorgi che esistono davvero. Le gengive cominciano a esistere solo nel momento in cui smettono di avere senso. L'insensibilità è il passo più estremo per accorgersi dell'esistenza delle cose, e scoprire che esse sono altro da te. E accorgersi di quanto orrore risieda in ogni oggetto materiale, una volta che ti accorgi della sua esistenza. Questa è la sensazione che si ha quando si leggono le follie del Gori e del Cincinelli.

Insomma, consiglio di acquistarlo e leggerlo. O anche solo acquistarlo se non lo volete leggere, tanto gli autori non sono narcisisti ma sono sicuramente dei poveracci.

E poi va segnalato che il sottoscritto è stato inserito nel libro come fumettista. Il che sarebbe sensato, se non fosse che vesto i panni dell'autore di Diabolik (?!).

E continuo a toccarmi le gengive.


1 commento:

caramelleamare ha detto...

Drogato!
Ti dico solo che se era per il Gori nemmeno comparivi nel libro: "Salati?! Ma non lo conosce nessuno, mettiamoci un nome che faccia vendere". Capito il tuo amico Gori?
E grazie per Diabolik, ha guidato la mia adolescenza.

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