giovedì 1 dicembre 2011

Orizzonti di gloria


Un interessante post sul blog dell'amico disegnatore e colorista Emanuele Tenderini mi ha ispirato ulteriori riflessioni.

Per quanto mi riguarda, anch'io ho in mente i risultati che vorrei ottenere nella mia carriera, basati magari sui miei sceneggiatori e scrittori preferiti (come Alan Moore o Tarantino). Da una parte ho l'obiettivo ideale, forse irraggiungibile. Dall'altra ho ciò che già so fare bene e che magari mi è costato sudore della fronte imparare a fare.

Per quanto mi riguarda, però, non corro troppo, non tento di raggiungere immediatamente quell'obiettivo utopistico, perché ne rimarrei immediatamente deluso. Ma neanche mi siedo a poltrire o mi fossilizzo su ciò che già so fare.

L'unico modo che conosco per progredire è andare avanti a piccoli passi. Ogni piccolo passo mi costa fatica. Più o meno ho in mente una strada, che fra l'altro col passare del tempo spesso cambia direzione. Se cercassi di fare il salto in lungo atterrerei nel posto sbagliato, perché la strada va percorsa tutta curva dopo curva.

E magari percorrendo la strada un metro alla volta, senza mai fermarsi, si scopre che la meta è completamente diversa da ciò che ci si immaginava all'inizio. Che magari la mia vera "voce" da autore è totalmente diversa da quella dei miei mostri sacri.

Cercare di raggiungere subito l'obiettivo significherebbe anche rischiare di copiare gli autori che mi ispirano. E, in fin dei conti, scrivere una schifezza.

Un passo alla volta invece, la strada cambia, le influenze e ispirazioni aumentano, magari scopro anche che sono portato a fare qualcosa di diverso da ciò che adoravo da ragazzino.

3 commenti:

Ketty Formaggio ha detto...

Caro Giorgio, il discorso mi è caro da un po' di tempo a questa parte. Apprezzo il modo in cui hai espresso la tua considerazione, è come se mi desse un diverso punto di vista su un disagio che provo da tempo.
Ora tutto sta a capire dove andare ora che non c'è più la stella polare.
Tu hai capito da che lato dell'orizzonte rivolgerti?

Manu ha detto...

Credo che il vero "punto debole" dei disegnatori, rispetto agli scrittori, sia che un disegnatore "vede" la sua arte. E' la "vista" il senso che ci frega. Perchè guardiamo il nostro risultato e la superficialità con cui, a volte, lo "intendiamo" ci aberra un po' il percorso..!

Giorgio Salati ha detto...

@Ketty: per me la stella polare non è completamente scomparsa. Diciamo che semplicemente è diventata una galasssia verso cui tendere. Uno status di Autore con una voce propria, uno stile proprio, che abbia scritto cose di una certa importanza.

Io non è che abbia capito proprio da che lato dell'orizzonte rivolgermi, navigo abbastanza a vista. Semplicemente ho cominciato a selezionare leggermente il lavoro. Ora posso dirmi "professionista", lavoro e ho lavorato per entità editoriali di un certo livello. Questo era un primo obiettivo fondamentale.

Pur continuando a lavorare per la maggior parte di queste entità, le cose nuove che mi arrivano le selezionerò un pochino di più in base al fatto che non ho più bisogno di dimostrare che conosco il mestiere. Ora voglio cercare di ritagliarmi un piccolo spazio in cui dire anche qualcosa di mio.

Certo, la maggior parte del mio tempo andrà in cose più "commerciali" perché le bollette incombono, però un angolino cercherò di tenermelo libero. Fammi gli auguri.

Comunque l'importante per me è andare sempre avanti. A me piace soprattutto fare spesso cose nuove. Tra le altre cose ad es. ora come ben sai sto facendo LAW, che è il mio primo bonellide. Un lavoraccio, non ci si diventa certo ricchi, però sono contento di star imparando a fare una cosa nuova, che mi piace. E così anche con altri lavori, ad es. televisivi che ho fatto ultimamente.

La cosa importante è che nel cassetto ho un sacco di idee e di storie, quindi più o meno so quale strada intraprendere, nel senso che pian pianino ogni tanto ci lavoro un pochino a qualcuna di queste sperando di trovare un giorno degli editori. Staremo a vedere.

Scusa per la risposta così lunga!

@Manu: in realtà non è così tanto diverso, credimi. Spesso scrivi una roba pensando di star creando tutta un'atmosfera, certe emozioni nel lettore, ecc. ecc. Poi il giorno dopo rileggi e dici "ma ho scritto io questa schifezza?!".

Alle volte è perfino peggio rispetto a voi. L'occhio almeno è leggermente più obiettivo. Ma a volte quando leggi una cosa tua ti provoca delle emozioni - perché parla di qualcosa di tuo personale - che invece non provocano minimamente nel lettore, e non riuscirai mai a capire se sei stato capace di comunicare le tue emozioni. Per questo spesso è necessario che altri leggano quello che hai scritto, perché la scrittura è una roba talmente "interna" all'autore che è difficile avere un occhio obiettivo.

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