I nomi sono stati cambiati ma le vicende sono reali.
Ora di italiano. Antonio mi tocca il braccio.
- Ehi - sussurra - Vitale ha detto che se vogliamo, ci PROTEGGE lui.
- Ci protegge?
- Sì.
- E cosa vuole in cambio?
- Niente.
- Come niente? Qualcosa vorrà.
- No, niente, niente, ci protegge e basta.
- E perché ci protegge?
- Che ne so, magari gli stiamo simpatici. Basta che gli diciamo di sì e lui ci protegge.
La prof Ariberti, che sta vagando per la classe recitando l'Odissea come se fossimo a teatro, si accorge che io e Antonio stiamo parlando, e ci richiama. E' buffa. Quando spiega qualcosa che le piace si scalda, diventa rossa come un peperone e la matita non regge più l'enorme massa di capelli grigi, che franano in tutte le direzioni. A lezione finita, lei non sa che la prendiamo in giro per le sue stranezze. Però è ipnotica nelle sue lezioni, per non parlare di come si indignava quando parlava della Guerra del Golfo. Mi sembrava assurdo che nel 1991 ci fossero ancora delle guerre. Mi chiedo se anche nelle altre classi e scuole medie si leggono i giornali e si parla della guerra. In questo, la Ariberti è un mito. Mi dà sempre dei bei voti nei temi, poi.
- Allora, cosa gli dico a Vitale? - incalza Antonio. - Accettiamo la protezione?
Ci rifletto un attimo. Mi torna alla mente il primo giorno di prima media. Una mia compagna era finita subito in infermeria perché Samir, pluri-ripetente di terza, l'aveva sbattuta a terra e le aveva camminato sul braccio.
Il lunedì successivo ero venuto a scuola con la sciarpa rossonera: Gullit e Van Basten avevano fatto il loro solito show e il Milan aveva stravinto. All'uscita da scuola un compagno mi disse: "Sei pazzo? Nascondi quella sciarpa!". In quella scuola i boss erano juventini o interisti. A me sembrava assurdo dover nascondere un'innocua sciarpa rossonera, non mi sembrava possibile che si potesse arrivare a picchiare per il calcio.
In seguito capii come funziona nella mia scuola. I cambi dell'ora, l'intervallo e l'uscita non sono momenti di svago ma di terrore. I più grandi (a volte hanno 15/16 anni), ti costringono qualche volta a dargli la merenda o qualche moneta, a fargli i compiti, ma non è questo il loro obiettivo. Più che altro ti martellano di schiaffi, calci nel culo, pugni sul braccio, o ti scarabocchiano faccia e vestiti coi pennarelli, che fa meno male di un pugno in faccia, ma serve a snervarti, tenerti in costante stato di paura. A loro piace avere il POTERE su di te. Fare di te uno schiavetto. Ma soprattutto si DIVERTONO. Sfogano la rabbia. Prenderti a schiaffi è meglio di qualsiasi favore che tu gli possa fare.
Ma il momento più temuto è quello di Educazione Fisica. Quando si va nello spogliatoio, succede di tutto. I maschi sono tutti nella stessa stanzetta, non visti dagli adulti. E si trasformano in bestie. Praticamente ogni volta che c'è Educazione Fisica, qualcuno si pesta selvaggiamente. Quindi due volte alla settimana, circa.
Ricordo un episodio. Pisonti, questo nostro compagno molto più alto e grosso di noi (sarà alto uno e ottanta a 13 anni), è un bonaccione a cui nessuno di solito dava fastidio, vista la stazza. Finché non è arrivato Nelli, un ripetente che ci siamo trovati in classe in seconda. Più basso della media, ha però dei muscoli che non ho mai visto su un ragazzino della nostra età. Un giorno nello spogliatoio, con non so quale scusa, Nelli attaccò briga con Pisonti, salì su una panca per essere alla sua stessa altezza, lo prese per la collottola e gli mollò una scarica infinita di ceffoni. Pisonti, con la faccia tutta rossa si mise a piangere come un bambino e non volle uscire per un pezzo dallo spogliatoio. Nelli aveva mostrato chi avrebbe comandato d'ora in poi in classe.
C'è una gerarchia, a scuola. Il più forte comanda, ovviamente. E si chiama Vitale. Si sale di gerarchia quanto più si pesta, e Vitale ha pestato pressoché chiunque in questa scuola. Ma comunque non è necessario venire pestato da Vitale per capire che bisogna trattarlo con riguardo, bastano le leggende che lo circondano per stargli alla larga: se lo fai incazzare, finisci all'ospedale. In realtà si dice che una volta i boss fossero due, che la scuola fosse divisa in due fazioni: quella di Vitale e quella di Lepanto. Si dice che Lepanto fosse peggio di Vitale: più piccolo fisicamente ma molto più cattivo. Un vero delinquente, ma sul serio. Forse il fatto che sia stato espulso dalla scuola quando ero in prima, è una dimostrazione di quanto fosse pericoloso. Non so cos'abbia fatto di preciso per essere espulso. Però una volta ho rivisto Lepanto: era venuto davanti alla nostra scuola per sistemare non so cosa in sospeso con Vitale. Non si può dire che i due si siano menati. La parola giusta è massacrati. So che in quel caso ci fu anche un processo o qualcosa del genere.
Ora, Vitale è il boss indiscusso. Nessuno gli si metterebbe contro. Che poi a me Vitale sembra talmente stupido, ma uno stupido pericoloso. Come un toro, appena vede rosso ti calpesta, senza pensarci due volte. E' il più forte, e comanda. Fine della discussione. Ha un vice, Richino, se possibile ancora più stupido di lui. Vorrebbe tanto essere figo come Vitale, ma non lo sarà mai. Richino è quello che ogni tanto ti strizza il coppino costringendoti a dire "Viva Inter". Ma non è così pericoloso. Io di solito dopo aver detto "Viva Inter" a bassa voce dico "e Milan". Con gli adulti, Richino diventa un agnellino. E' un codardo. Vitale no, lui non ha paura di nessuno. Dicono che ci siano altri ancora più pericolosi, ad esempio c'è uno che è uscito da qualche anno dalle medie che viene sempre davanti alla nostra scuola vestito da meccanico - probabilmente lavora lì vicino - e viene a limonare con una di seconda, ma dicono anche che arruola gente per andare a rubare le auto.
All'interno della scuola invece, dall'espulsione di Lepanto non sono più esistite due fazioni distinte, ma tanti gruppetti che però hanno tutti rispetto di Vitale. In questi gruppetti ci sono comunque delle gerarchie. I sotto-boss (più o meno uno per classe) sono tutti "amici" di Vitale. Se sei amico di uno di loro sei "protetto" dalla fazione di quel sottoboss, ma sei contro le altre. Che poi un sottoboss può essere amico di un altro sottoboss e allora anche le fazioni sono amiche, ma non ci vuole niente che i due si pestino, allora anche le fazioni amiche diventano nemiche. Un casino. Ma io e Antonio non siamo "amici" di nessuno, e in definitiva le prendiamo da tutti, io in particolare perché sono uno di quelli che va meglio a scuola. Ma è una colpa andare bene a scuola? Io non lo faccio apposta! Cerco di non fare il secchione, ma perché tutte le volte che prendo un bel voto gli altri mi prendono in giro come se lo facessi per umiliarli? Però poi pretendono che gli passi tutti i compiti in classe, allora non capisco perché mi prendono in giro per il fatto che studio.
C'è un altro motivo per cui io e Antonio siamo così bersagliati: fisicamente siamo tra i più piccoli della scuola. Giochiamo insieme a mini-basket, e per la nostra statura gli altri della squadra ci chiamano "i giganti del basket". Ma grazie anche a questo spesso facciamo i playmaker. Eh sì, quello del basket è un mondo diverso. Sarà anche per quello che io e Antonio abbiamo fatto amicizia.
Facciamo spesso i compiti insieme, giochiamo sempre a calcio nel suo cortile. Vitale è figlio della portinaia di Antonio, perciò spesso lo vediamo passare. Di solito si fa notare ampiamente, partendo in penna col motorino. Qualche volta arriva direttamente in cortile a mille all'ora col motorino rischiando di investire qualcuno.
Spero di non diventare un giorno con Antonio come Marco e Simone. Forse i due più pacifici della classe, migliori amici fin dal primo giorno di scuola. L'altro giorno però nel solito spogliatoio della palestra si sono riempiti di mazzate, come raramente si vede. Si rotolavano per terra, si sbattevano l'un l'altro contro le panche, i compagni li incitavano mentre Marco cominciava a perdere sangue dal naso. Nessuno dei due voleva arrendersi per primo. La cosa mi ha colpito perché - a parte qualche stupida motivazione inventata al momento per il litigio - il loro vero obiettivo era farsi vedere dal Nelli, dimostrare di saper pestare e quindi poter essere suoi "amici". Nella mia classe Nelli ha un paio di "amici", ossia suoi scagnozzi. Uno è Coliandro, un casinista, l'altro è Zagaria. Un po' Zagaria mi sta sulle scatole perché Silvia, di cui sono innamorato, non mi caga. Lei va dietro a Zagaria, che è molto più figo, essendo uno che mena, ed essendo un "uomo" di Nelli.
Oltre al sottoboss Nelli nella mia classe, c'è ad esempio Riccardo nella III D. Ha la mia età. Piccoletto ma veramente cattivo. Un giorno, quando avrà una pistola, sarà più pericoloso di Vitale. Riccardo è riuscito a radunare intorno a sé un sacco di gente, una vera squadra. Non so quante volte giocando all'oratorio questi hanno preso tutti a schiaffi, femmine comprese, per prendere possesso del campo da gioco rubando pure il pallone.
Questo mi fa tornare in mente un episodio dell'oratorio di qualche anno fa. I miei mi avevano appena comprato un bellissimo pallone da calcio di vero cuoio. Avevo portato il pallone in oratorio per fare una partita, a cui si era aggregata un sacco di gente che non conoscevo. Tutti mi facevano i complimenti per quel bel pallone, e mi ero fatto degli amici nuovi, in particolare uno più piccolo di me di un anno. Tornando dall'oratorio, il mio nuovo amico mi dice "Non devi andare in giro con questo pallone nuovo, qualcuno te lo fregherà". E infatti poco dopo, in Via Cuore Immacolato, ecco Samir (il passeggiatore sulle braccia altrui) con i suoi due scagnozzi. Mi prendono il pallone e cominciano a giocarci tirando pallonate più forte possibile contro il cancello delle suore. Il mio amico, conoscendoli, gli prende il pallone e me lo dà. Dice: "Corri a casa." Io non capisco, ma Samir e compagni cominciano a spintonare il mio nuovo amico. Io ho il pallone tra le mani e quasi mi sembra che scotti, loro prendono il mio amico e gli sbattono la testa contro il finestrino di un'auto. Sto lì a guardare imbambolato, terrorizzato. Lui così con la testa tenuta schiacciata contro il finestrino mi grida di andarmene e basta. Io esitante me ne vado, continuo a guardare indietro. Arrivo sotto casa e non so che fare. Citofonare e dire a mia madre cosa sta succedendo? No, raccontare queste cose ai nostri genitori significa fare la spia, e venire pestato per il resto dei tuoi giorni oppure peggio ancora evitato come un appestato. Come ci si deve comportare in queste situazioni? Sto per un po' davanti al mio cancello a guardare verso Via Cuore Immacolato tendendo l'orecchio. Che codardo sono a lasciare il mio amico da solo contro tre più grandi di 4 anni? Eppure se mi metto di mezzo non migliorerò niente, verrò pestato anch'io e basta. Sto parecchio davanti al mio cancello, indeciso. Poi citofono ed entro. Sto tutto il pomeriggio alla finestra a guardare verso Via Cuore Immacolato, ma non ne vedo uscire nessuno.
Non ho più visto il mio ex "nuovo amico". Non l'avranno certo ammazzato ma non ho più avuto modo di sapere come gli era andata, se gli avevano fatto molto male. Di certo non ho più portato fuori il mio bel pallone nuovo, che è rimasto in casa ad ammuffire. E penso che mi vergognerò per sempre di essere stato un codardo, quella volta.
- Allora, cosa rispondo a Vitale? - Antonio mi risveglia dal turbine dei pensieri.
Siamo ancora in classe, la Ariberti sta leggendo l'Odissea e i suoi capelli sono talmente sconvolti da farla sembrare la mitologica Medusa (le sue lezioni però a qualcosa servono), e il mio compagno di banco attende una risposta.
Non so se la madre di Antonio sia stata particolarmente gentile con la portinaia, la signora Vitale, non mi spiegherei altrimenti che lui abbia deciso di offrirci la sua protezione. Cosa vorrà in cambio? Ha forse deciso di andare bene a scuola per uscirne una volta tanto (ormai avrà 15 anni) e vuole metterci a "lavorare" per lui?
- Allora? Cosa gli rispondo? Accettiamo o no la sua protezione?
Ci penso un attimo ancora.
- No, grazie.
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Suona la campanella, è ora di tornare a casa. Appena uscito, a ostruirmi la strada davanti a scuola trovo uno di cui non ricordo nemmeno il nome. Ha la mia stessa età ma è molto alto. E' il vice di Riccardo, il sottoboss della III D. Mi spintona, poi dice "Oh, non toccarmi!", poi mi tira uno schiaffo "Ho detto di non toccarmi!", poi un altro schiaffo "Ma la smetti di toccarmi?" e via dicendo. Sono paralizzato. E' più la paura che l'effettivo dolore di quegli schiaffi. E' ovvio che se avessi accettato la protezione di Vitale ora non avrei più nulla da temere. Poi succede una cosa inaspettata. Un roco urlo femminile dietro di me: "OHI!"... Mi volto, è l'Ariberti! Esce dalla sua Uno rossa e sbraita contro l'energumeno che mi sta schiaffeggiando. "Che cosa fai, delinquente?!". Poi mi volto verso il mio aggressore e... non c'è più. Lo vedo svoltare dietro l'angolo della scuola correndo come una lepre. Mai visto qualcuno correre così veloce.
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Siamo ormai agli sgoccioli della terza media. Manca meno di un mese alla fine dell'anno scolastico.
E' tardo pomeriggio e sono in casa, molto preso nella preparazione dell'esame. Come argomento di Storia ho scelto le Cinque Giornate di Milano. Mi appassiona leggere di come tanti milanesi si siano ribellati all'oppressore. Poi ho la tesina sugli Indiani D'America. Anche loro degli oppressi. Un popolo fantastico, davvero libero e orgoglioso. E poi ho la tesina per Educazione Artistica. Ho deciso di farla sul fumetto. Sul libro di Arte c'è poco a proposito, ma io ne so parecchio perché ne leggo un sacco, poi mio padre ne ha tanti vecchi. Quello che mi piace di più al momento è Mister No, uno che odia le ingiustizie e che cerca di evitare la violenza finché può. Di fumetti ne ho anche creati alcuni miei. Ad esempio Joy Wolf, che è un cowboy come Tex e combatte contro i criminali. Magari un giorno anch'io pubblicherò dei fumetti come Guido Nolitta.
Di là sento un trambusto, mio padre chiama mia madre a vedere il tg, e incuriosito vado a vedere anch'io. Dicono che hanno fatto saltare in aria il giudice Giovanni Falcone. Mostrano l'autostrada, c'è una voragine. Raccontano la storia di Falcone, e mi rendo conto che costui era un EROE. Mi sento un po' in colpa per non aver mai saputo nulla di lui quando era ancora vivo. Però adesso mi sento un po' orgoglioso di aver detto di no a Vitale.
Una volta, Giovanni Falcone, il mio nuovo eroe, aveva detto:
«Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.»
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Sono ormai in prima superiore. I miei gusti stanno cambiando. Ora ascolto l'hard rock, ho cominciato a leggere Dylan Dog, mi sto facendo crescere i capelli e sinceramente mi sono rotto di studiare. Non esiste più il Giorgio anche solo di una anno fa.
Dei miei ex compagni di classe non so molto. Gira voce che Zagaria spacci, Coliandro sia rimasto sotto per gli acidi, e Riccardo sia in riformatorio. Un'altra invece ho sentito che è incinta.
Una notizia attendibile però riguarda alcuni ragazzi attualmente in terza media (quindi in seconda quando io ero in terza), che sono stati arrestati perché hanno rubato un'auto senza saperla guidare. Sono andati a finire contro un palo mentre i carabinieri li inseguivano. Dicono che fossero stati arruolati da qualcuno fuori da scuola.
Per andare a prendere il 24 devo passare in piazza Chiaradia. Nelli e i suoi amici si fermano sempre lì con gli scooter e si siedono sulle panchine. Quando attraverso la piazzetta mi rivolgono qualche insulto, come tutte le volte che ci passo: se rispondessi, se anche solo mi voltassi, sarebbe il pretesto per pestarmi. Ma io non mi volto. Ora Nelli non ha più potere su di me: non è più il boss della mia classe né stiamo più in scuola insieme. Non devo più vederlo tutti i giorni e questo mi fa tirare un mezzo sospiro di sollievo.
In questo momento non so perché mi torna alla mente un episodio remoto. Era l'ultimo giorno di quinta elementare. Con la classe e alcune madri eravamo andati al parchetto di Via Coari a festeggiare. Era forse l'ultimo giorno in cui avremmo potuto definirci "bambini": andando alle medie, ormai saremmo diventati "ragazzi". Era una bellissima giornata e ci stavamo divertendo un mondo. Però ad un certo punto l'atmosfera cambiò. Dei miei compagni volevano bere alla fontanella, ma un ragazzo più grande li spintonò. Una madre gli disse di lasciar stare i bambini. Questi le diede della puttana. Un'altra madre si scandalizzò: "Non permetterti di dare della puttana alla signora!". Questi per risposta le assestò due schiaffoni. Mentre il tizio se ne andava, le altre madri aiutavano la madre schiaffeggiata a sedersi e le mettevano sulla faccia fazzoletti inzuppati d'acqua fredda. Non dimenticai mai più quella scena. Se ci penso, da allora in poi i miei tre anni di medie sono stati un inferno grazie a questi stronzi.
Passo oltre Piazza Chiaradia. Sentendo dietro di me gli insulti degli stronzi, la rabbia mi fa digrignare i denti. Solo un pensiero mi fa stare meglio. Una fantasia proibita che cullo da tempo nella mia mente. Sogno di avere un mitra, e di passare in Piazza Chiaradia. Sogno di sentirli implorare e chiedere pietà, e poi sparare a sangue freddo e vederli morire tra atroci tormenti e dire loro: "DOVEVATE PENSARCI PRIMA".
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Ho deciso di scrivere di getto questo chilometrico post dopo aver letto quelli di Recchioni e della Barbato. Due autori molto più bravi ed esperti di me che però scrivendo di bullismo hanno scatenato nella mia mente un turbine di ricordi.
Non vuole essere un racconto, quanto più una specie di documentario autobiografico: ho rinunciato a romanzare i fatti, ho cercato anche di riprodurre l'ingenuità del me stesso di allora cercando anche di non arricchire lo stile con termini troppo ricercati... anche a costo di risultare noioso. Certo, forse l'ho fatto più per me che per voi che state leggendo (ma magari nessuno ce l'ha fatta a leggere fin qui). Chissenefrega, per una volta. Forse è che semplicemente volevo mettere per iscritto certe cose prima di dimenticarle.
Non so più che fine abbiano fatto tutte quelle persone, alcuni saranno diventati uomini rispettati, altri delinquenti, francamente non m'interessa.
E' ovvio che oggi non sono più il ragazzino vessato delle medie, e non ha nessun senso "processare" le persone che mi hanno fatto vivere 3 anni infelici della mia infanzia, fino all'esaurimento. Resta il fatto però che una parte di quel ragazzino è ancora lì in un angolo. Certo, non è abbastanza forte e irrisolto da fare di me un serial killer, certe cose le ho ampiamente superate grazie soprattutto ai fumetti e alla musica. Però là dentro da qualche parte c'è ancora un ragazzino col mitra, e forse non se ne andrà mai del tutto.
Una cosa è certa, comunque. Negli ultimi tempi si è sentito parlare tanto di bullismo nelle scuole come di un nuovo inquietante fenomeno. Tutte balle: il bullismo c'è sempre stato e sempre ci sarà. Finché vigerà la regola del più forte, il bullismo sarà solo la prima espressione della vera natura dell'uomo: rabbia, violenza, sopraffazione. Nessuna sorpresa per la poca stima che ho verso il genere umano.
Credo che Golding nel capolavoro "Il signore delle mosche" abbia centrato in pieno il punto.
Giorgio
P.S.: Appena possibile, tornerà Toilet. Calmi, calmi, non entusiasmatevi così!
martedì 1 luglio 2008
Martiri col mitra
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12 commenti:
L'ho letto e l'ho trovato un post molto bello.
Ciao
Capita l'hai letto tutto? Quanto ci hai messo?
Grazie!
E' una lettura scorrevole e non ci ho messo molto. :-)
A presto
ah be' meglio, pensavo che sarebbe stata una lettura pesantissima!
comunque ovviamente nel commento sopra volevo scrivere "caSpita", non "capita"...
Complimenti, molto bello.
Ser
grazie Ser!
be', "bello" dipende dai punti di vista dato che non si tratta di... "fiction"!
ciao!
WOW!
..."wow" in che senso?
Sono capitato qui per caso ed ho letto il post.
Ci sono passato anche io, solo che di anni ne ho passati cinque, quindi che dire... sono passati tanti anni e le cose che hai scritto sono tutte vere.
C'è di peggio. Una parte di quei disgraziati per fortuna finisce a spacciare, in carcere, si consuma drogandosi ecc... però... quando cresci è facile incontrare altri bulli. Solo che di solito indossano giacca e cravatta e non ti sfiorano nemmeno con un dito.
Grazie Andrea per il commento.
Però... che alcuni "per fortuna" siano finiti a spacciare, ecc. non mi sembra una grande consolazione... Non ci guadagna nessuno, comunque.
I bulli in giacca e cravatta poi sono un altro tipo di bullo. Gente che magari da ragazzini le hanno prese anche loro, ma che hanno ben pensato di vendicarsi su quelli che un giorno sarebbero stati "più deboli" di loro. Anche a me capita di incontrarne.
Poi ci sono pochi altri, quelli come me e te che desidererebbero soltanto viversi la loro vita senza rompere le scatole a nessuno e senza che nessuno le rompa a loro. "Live and let live", dicevano gli hippie...
Mi resta solo una consolazione: la consapevolezza che certi bulli, quelli che menano e quelli che vessano in giacca e cravatta, non avranno mai la stima e l'affetto che ho io dalle persone che ritengo valga la pena avere vicine. Molti di questi "bulli" invecchieranno soli, circondati dall'astio di coloro che li circondano, figli compresi. Questa forse è la migliore vendetta che si possa immaginare.
Giorgio, davvero bello il docu-racconto. Cioè, bello nel senso che mi piace molto come l'hai scritto; quanto ai fatti raccontati... :(
E poi dicono che l'adolescenza è un'età felice... bah!
Ciao
Tyrrel
Grazie Simone.
L'adolescenza un'età felice?! Chi l'ha detto? Io non credo.
Non intendo che l'adolescenza sia un periodo brutto e basta, ogni età ha i suoi pro e i suoi contro. E' innegabile che l'adolescenza sia un periodo di grandi emozioni, dove tante cose le si fa "per la prima volta" e qualsiasi esperienza risulti "una figata". Spesso provo nostalgia per l'adolescenza, e tutto sommato mi sento ancora un po' adolescente, ma a parte il periodo della pre-adolescenza alle medie, il periodo dell'adolescenza vera e propria è stato caratterizzato anche da un profondo malessere esistenziale (tipico di questa età) che non scorderò facilmente. Certo, questo malessere è stato anche il motore che mi ha spinto a scrivere, e quindi non tutto il male viene per nuocere...
Giorgio
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