Alle volte mi capita di parlare con colleghi non-disneyani che criticano il comportamento della nota multinazionale dell'intrattenimento in termini di scelte etiche, e mi chiedono come faccia a lavorare per la classica "azienda ultracapitalista".
Non so che dirvi, ragazzi.
Sono talmente innamorato dei personaggi Disney, della magia creata dalle storie di Barks, Gottfredson, ecc., sono talmente affezionato fin dall'infanzia a questo universo narrativo, in cui in realtà si possono raccontare talmente tante cose, e che permette di comunicare con talmente tanti bambini e bambini-adulti, che riesco a scindere l'essenza "consumistica" della Disney da quella puramente "narrativa".
Spero di non dovermi mai ricredere e di non restare mai deluso, come spero di non deludere mai chi mi dà fiducia (il lettore, in primis). Ma oggi per me scrivere per Disney resta sempre una grande soddisfazione.
venerdì 17 dicembre 2010
Perché Disney?
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3 commenti:
Hai ragione tu e hanno ragione loro.
E comunque, se uno lavora per una multinazionale, questo dilemma l'avrà sempre. Va detto però che il messaggio dei fumetti Disney e, soprattutto, della maggior parte dei loro film, è sempre "rivoluzionario": parlare d'amore in termini non banali, per esempio, in particolar modo in tempi come questi è, nel suo piccolo, un atto eversivo. Parlare di solidarietà e amicizia in maniera profonda, non è un mero (e ipocrita) esercizio di stile: si vede che dietro ogni storia ci sono persone che in certi valori positivi ci credono e riescono pure a trasmetterli senza essere ricattatori o didascalici.
Penso alle storie di Paperino Paperotto di Bruno Enna (cito solo lui, a mo' di esempio) o a film come Lilo & Stich.
Chi attacca questo genere di prodotti, dovrebbe scindere le logiche, spesso davvero becere, di una multinazionale dal messaggio finale. Non è un bizantinismo intellettuale, però è uno sforzo mentale necessario se si vuole analizzare un fenomeno economico, sociale e culturale così complesso come la Disney.
Fabrizio, sono assai d'accordo!
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