lunedì 18 giugno 2012

A proposito di "Paperinik e l'altro Paperino"



Un ragazzo di nome Giuseppe, interessato alla scrittura e alla strutturazione di una storia, mi ha fatto alcune domande a proposito della mia storia "Paperinik e l'altro Paperino", uscita recentemente su Topolino n.2950.

Rispondere alle sue domande è stato utile per me (mi serve sempre riflettere su ciò che ho scritto), per Giuseppe, e potrebbe tornare utile anche ad altri che aspirano a scrivere delle storie.


ATTENZIONE: SPOILER!
Nella discussione vengono rivelati un sacco di passaggi a proposito della storia, perciò se ancora non l'hai letta è meglio che eviti di proseguire con questo post.


Dunque, Giuseppe mi scriveva:

"Fondamentalmente, nel momento clou della storia, quando c'è il bus da salvare.
Il Paperinik della "nostra" dimensione, dopo aver già fallito al deposito nei panni di Fantomius, non contribuisce in nessun modo a far cambiare idea all'altro Paperino.
Mi chiedevo se il "nostro" Paperinik non fosse troppo passivo. Detto questo, è una bella storia, in cui mi piace anche la trovata dell'auto in panne sul fondo del fiume. :)

La domanda, fondamentalmente, è se va bene che l'eroe non svolga un ruolo attivo nella risoluzione della storia
"


Ecco che cosa gli ho risposto.

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Ciao Giuseppe!

La tua è una buona critica, e in effetti non hai tutti i torti: dev'essere sempre l'eroe della storia a risolvere la situazione, non un "deus ex machina".

Da un altro punto di vista, il mio intento è leggermente "fuori schema".

Nella mia storia il vero protagonista non è semplicemente Paperinik, ma il rapporto che Paperinik ha con i nipoti. Lui cerca motivazioni, e sono i nipotini a dargliene. Ecco quindi che è il pericolo corso dai nipotini a dare a Paperinik l'impulso di risolvere il vero problema della storia "continuare o no a essere Paperinik?". Questo vale tanto per il Pk della nostra che dell'altra dimensione.

Quindi si può dire che sia lo stesso rapporto Pk-nipoti il protagonista che risolve la situazione. Perché il vero problema, il conflitto da risolvere, non è tanto l'autobus sul precipizio. Quello è solo un problema contingente. Ma il vero problema che riguarda il tema stesso della storia, il conflitto che viene presentato a inizio storia dopo il setting iniziale, è appendere o meno il mantello al chiodo.

Lo stesso vale per la mia storia "Paperinik e l'amore nell'oblio" (non so se l'hai letta): la storia di Pk è una "scusa" per parlare del rapporto tra Paperino e Paperina, ed è lo stesso passato dei due a risolvere la situazione complicata.

Diciamo che a me piace quasi più rendere protagoniste le relazioni tra i personaggi, che i personaggi singolarmente!

Spero di averti risposto in maniera esauriente, se hai altre domande fai pure.

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Risposta di Giuseppe:

"In un certo senso, mi hai aperto gli occhi verso la "sostanza" della storia, da cui gli schemi e la tecnica avevano distolto la mia attenzione."


E ulteriore mia risposta:

--

Se posso darti un consiglio visto che mi pare di aver capito che aspiri a scrivere: è sempre importante la parte "interiore" con cui scrivi.

La tecnica, la struttura, sono fondamentali. Soprattutto all'inizio. Quando sei all'inizio non devi farti troppo trasportare dal cuore, devi imparare a incanalare il tuo estro creativo e porti dei limiti.

Ma quando cominci a padroneggiare la struttura, è la parte "interiore" che denota la tua "voce" diversa da qualsiasi altro autore. E' come lo yin e lo yang: tecnica e istinto sono due parti inscindibili per qualsiasi opera tu vada a creare.

Una storia fatta solo di istinto diventa un'accozzaglia illeggibile di eventi. Una storia fatta solo di tecnica diventa un mero esercizio senz'anima che qualsiasi buon professionista può fare. E' l'insieme delle due cose che fa di te un autore.

Quando scrivi una storia non solo devi (giustamente) strutturare la storia meglio che puoi, ma devi anche chiederti qual è il tema. Che cosa vuoi raccontare? Qual è il motore "emotivo" della tua storia? Che cosa vuoi dire al mondo?

Ecco forse perché "Paperinik e l'amore nell'oblio" è considerata la mia migliore: la struttura filava senza grossi problemi, ma soprattutto c'era molto di mio in quella storia.

Ma - ripeto - quella parte tua, unica, profonda, puoi tirarla fuori solo se sai usare gli strumenti che te la fanno tirare fuori. Ognuno ha una sua "voce", ma prima deve imparare a usarla la voce, se no per quanto uno sotto la doccia si senta un gran cantante, alle orecchie degli altri saranno solo ragli e stecche.

In bocca al lupo!

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E in bocca al lupo a tutti coloro che si stanno cimentando con la scrittura!

4 commenti:

Mirka Andolfo ha detto...

ho finito di leggere questa storia proprio pochi minuti fa....troppo bella!

Giorgio Salati ha detto...

Grazie Mirka!

Lario3 ha detto...

Bravo Giorgio, non so in quanti autori avrebbero risposto a queste domande con tanta solerzia. E' importante il rapporto autore/lettore... e a mantenerlo sono veramente in pochi.
CIAO!!!
Davide.

Giorgio Salati ha detto...

Grazie Davide!

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