venerdì 4 dicembre 2009

Sporcarsi le mani


Ci sono alcuni musicisti che hanno fatto "scuola". Hanno inventato un genere, e a volte l'hanno portato alle estreme conseguenze. Iron Maiden, AC/DC, per dire i primi che mi vengono in mente. Hanno creato uno stile e l'hanno percorso fino in fondo, in un certo senso fino alla morte (ditemi che dopo "The X Factor" gli Iron abbiano fatto qualcosa di decente).

E così è per molti musicisti di vario genere, dai Depeche Mode ai Ramones, dai Motorhead ai Beach Boys, dai Kraftwerk ai Chemical Brothers. Ognuno ha inventato un modo nuovo di fare musica, ne è rimasto "fedele", ed è stato copiato da moltitudini di cloni.

Poi però ci sono alcuni compositori che hanno fatto qualcosa di impensabile per la maggior parte dei musicisti.

Ennio Morricone. Nella sua musica si può sentire una moltitudine di impulsi. Dalle cavalcate wagneriane alle melodie da flamenco. Le schitarrate da mariachi accompagnate da spunti provenienti dal folklore dell'Italia Meridionale. A volte più che western quelle musiche sembrano essere scritte per l'Odissea. L'epicità, è la chiave. Un genere in cui un tempo gli italiani, dal Tasso all'Alfieri, non erano secondi a nessuno.

E poi il colpo di genio: le chitarre surf. In tutto questo marasma di riferimenti musicali cosmopoliti, Morricone è stato capace di tendere l'orecchio anche a ciò che usciva dalla radio. L'uso che fa lui della chitarra elettrica è stato copiato da un sacco di chitarristi negli anni '60, e allo stesso tempo lui ha saputo cogliere l'innovazione di ciò che veniva fatto nel mondo musicale contemporaneo.

Lui non ha snobbato la musica cosiddetta "leggera".

Ecco un esempio da pelle d'oca: la colonna sonora di "Per qualche dollaro in più".

In breve sentiamo un'epica cavalcata arricchita da scacciapensieri che riporta alla mente la drammaticità delle faide tra famiglie siciliane, la spavalderia americana di chitarre elettriche country-surf, campane che fanno pensare alla desolazione del deserto, e un flauto andino che funge da unica componente spensierata, una sorta di "spalla" dell'eroe: la melodia fischiata, un vero inno solista all'autodeterminazione. La melodia fischiata ci fa capire come ogni uomo sia "strumento". Che stia in Sicilia o nell'Arizona, chiunque è capace di cominciare a fischiare da solo e inventarsi la sua melodia, in un coro silente di uomini pavidi e tutti uguali. Il fischio è l'uomo che prende in mano il proprio destino. E' l'equivalente del dettaglio sugli occhi di Sergio Leone.
Chiunque altro non avrebbe saputo fare altro che un assurdo minestrone con questi elementi. E invece Morricone ha composto uno dei suoi tanti capolavori.

Un altro compositore che amo è Andrew Lloyd Webber. Il sottotitolo del suo "Jesus Christ Superstar" recita "A Rock Opera". Eppure ALW non è un musicista rock. Però ha avuto l'intelligenza di saper ascoltare ciò che si suonava nei club inglesi e nei dischi della Motown. Non ha snobbato la nuova musica. E così ha utilizzato il suo bagaglio tecnico compositivo, la sua conoscenza della struttura di un'opera, della progressione armonica e di tutto il resto, e ha "piegato" il rock al suo volere. Ed è nato uno dei più grandi capolavori della storia della musica.

Torniamo sempre allo stesso discorso: tecnica e passione che cooperano per un bene "superiore": l'Arte.

Altro esempio: i Beatles. Hanno iniziato inventando un genere. Poi si sono evoluti. Hanno aggiunto sempre più elementi esterni alla loro musica, rock, psichedelici, hard blues, perfino prog, provenienti magari da gruppi più "nuovi" di loro, e li hanno integrati nei loro pezzi. Le altrui intuizioni, fresche e innovative, sono state inserite in un complesso più armonico, dando luce a una musica nuova e ancora più geniale: il risultato in questo caso non è una somma ma il prodotto degli elementi in gioco, arrivando a quello che per me è il loro migliore album: "Abbey Road".

Una delle musiche migliori di Burt Bacharach è stata scritta per Aretha Franklin.

Will Eisner negli anni '70 dopo aver conosciuto alcuni giovani fumettisti si è reinventato e ha scritto quelle che sono conosciute come le prime "graphic novel", facendo scuola per la seconda volta.

Tarantino nei suoi film migliori è stato capace di usare stili narrativi "popolari" per rappresentare storie profonde e intricate.

Nel fumetto Disney, Romano Scarpa ha saputo raccogliere l'insegnamento di Gottfredson e Barks e reinventarlo a suo piacimento.

Insomma, è proprio quello che mi piace in un artista: la capacità di "sporcarsi le mani" con diversi input provenienti da tutti i generi.

E' così che mi piacerebbe essere un giorno, come autore.

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