mercoledì 2 dicembre 2009

M'amo, non m'amo


Torno sul discorso della "sensibilità" di uno sceneggiatore.

Alle volte, la nostra sensibilità fa cilecca. Alle volte una storia ci piace veramente tanto, tutta così come l'abbiamo scritta nella prima stesura. Questa è la cosa forse più preoccupante. Di solito, quando lasciamo "decantare" quella storia per qualche giorno e poi torniamo a rileggerla, ci accorgiamo che non solo non ci piace più come appena scritta, ma che magari la troviamo TUTTA da buttare. E allora arriva lo sconforto. Diciamocelo: quando una nostra storia ci piace, è un po' come se ci dicessimo da soli che ci piacciamo. E' un po' onanistico. Ma se una nostra storia non ci piace per niente, è come dirci "ma allora non mi piaccio". Ovviamente non è così né in un caso né nell'altro. Noi autori non siamo le nostre storie. Se una nostra storia è brutta non vuol dire che facciamo schifo, né se una nostra storia è bella significa che siamo le persone migliori del mondo.

Poi c'è il caso limite: personalmente mi piacciono discretamente con riserva le sceneggiature quando le consegno, salvo poi spesso restare un po' deluso dalla rilettura. Non è che non mi piaccio, è che forse mi piaccio troppo, e molto raramente sento di aver espresso bene ciò che il mio narcisismo considera talento. E' un po' come certi che sono convinti di essere proprio belli, ma quando si rivedono in foto dicono "Quello non sono io!"

E se ne parlo con qualcuno, mi sento spesso rispondere: "Ma no, quella storia è bella". Sì, ma non è magnifica, fantastica, superlativa!

E' per quello che l'avevo fatta. Ogni sceneggiatura la scrivo col pensiero che debba essere magnifica, la migliore che abbia mai prodotto. Anche se poi non succede davvero, ritengo comunque che in partenza sia l'approccio giusto, almeno.

2 commenti:

Giangidoe ha detto...

Credo sia un approccio utile fare sempre le cose al meglio, e questo in tutti gli ambiti.
Io personalmente, però, non mi aspetto mai che una qualche mia performance sia sempre la migliore mai prodotta fino a quel momento. Anzi: credo che mantenere le aspettative basse, per essere poi magari piacevolmente stupiti da riscontri inaspettatamente positivi, sia più gratificante.
Ma c'è anche da dire che la mia quotidianità non contempla nulla di paragonabile alle aspettative, alle ansie - o anche semplicemente alle tempistiche - relative alla sceneggiatura...

Giorgio Salati ha detto...

Per quanto mi riguarda invece l'intenzione iniziale è sempre di fare la cosa migliore. Intendiamoci: la migliore che abbia mai fatto IO, non la migliore in generale, non sono megalomane a tal punto.

Ma siccome raramente ho avuto l'impressione di aver prodotto qualcosa davvero all'altezza delle mie aspettative, è ovvio che pretendo che quella che farò debba essere migliore delle precedenti.

Insomma, un po' un braccio di ferro con me stesso...

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